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Il termine Proof-of-Work (PoW) indica l’algoritmo di consenso alla base di una rete blockchain. Questo algoritmo viene utilizzato per confermare le transazioni e produrre i nuovi blocchi della catena; PoW incentiva i miner a competere tra loro nell’elaborazione degli scambi, ricevendo in cambio una ricompensa.

Un algoritmo di consenso Proof of Stake (PoS) è un insieme di regole che governano una rete blockchain e la creazione della sua moneta nativa; ha, quindi, lo stesso obiettivo di un algoritmo Proof of Work, nel senso che è anch’esso uno strumento per raggiungere il consenso. In questo caso però non sono i miner ad essere coinvolti nella verifica della validità delle transazioni e nella creazione di blocchi nella rete, bensì i partecipanti che detengono una certa quota nella rete.

L’evoluzione del metodo blockchain ha fatto emergere sinora tre generazioni di blockchain, dove ogni generazione ha portato dei miglioramenti, dal punto di vista delle funzionalità oppure delle prestazioni, rispetto alla precedente. Innanzitutto, nel percorso evolutivo degli asset digitali – o digital assets – l’avvento della blockchain rappresenta un passaggio fondamentale. Sia che si tratti di asset nativamente digitali, sia che si tratti della rappresentazione digitale di asset fisici, l’arrivo della blockchain ha permesso di cambiare completamente la prospettiva e le possibilità di sviluppo.

Il fenomeno legato al rapporto tra digital asset e blockchain è avviato da tempo e ha affrontato tematiche sia legate a beni fisici, come titoli e proprietà appunto fisiche, sia oggetti più immateriali, come diritti o forme di attestati di proprietà o di partecipazione a forme di proprietà che possono essere emessi, negoziati e custoditi su una blockchain tramite il processo di tokenizzazione).

In secondo luogo, le piattaforme sulle quali è possibile creare e custodire le blockchain sono sicure perché decentralizzate, permettono le transazioni senza intermediari in quanto è tutto tracciato dal codice, e assegnano un valore digitale alla transazione. Da un lato abbiamo quindi l’esigenza di trasformare le clausole di un contratto in un codice con cui è programmabile un software (smart contract) e dall’altro abbiamo una piattaforma che certifica le transazioni, sfrutta le criptovalute, non prevede intermediari, ed è programmabile attraverso le applicazioni decentralizzate (DApp).